Approfondimento

25-01-2018

ALCOOL E LAVORO

un connubio complesso, che può portare non solo il lavoratore, ma anche Medico Competente e Datore di Lavoro in un’aula di tribunale

 

Inquadramento normativo

Le norme che regolano gli accertamenti sanitari correlati all’abuso alcolico in ambito lavorativo sono certamente complesse e di non facile interpretazione. Regioni diverse hanno peraltro dato indicazioni applicative tra loro discordanti.

Limitando il campo ad una ambientazione Lombarda del problema, i riferimenti normativi sono:

- la legge 125 del 30 marzo 2001 

- l’Atto di intesa della conferenza permanente per i rapporti stato/regioni del 16 marzo 2006

- il DLgs 81 del 2008

- la Circolare della Direzione Regionale Sanità della Lombardia del 22.9.2009 (FAQ)

Tra le norme citate emergono però alcune discrepanze:

- il DLgs 81/08 riferisce all’art. 41 comma 4, che "nei casi ed alle condizioni previste dall’ordinamento", le visite di cui al comma 2, lettere a), b), d), e-bis) e e-ter) sono altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza.

- la legge 125 riferisce all’art. 15 che il Medico Competente possa verificare attraverso i controlli alcolimetrici il rispetto del divieto di assunzione di bevande alcoliche durante il lavoro.

E’ quindi presente tra le due norme una notevole differenza tra gli aspetti che dovrebbero essere indagati, costituiti in un caso dall’alcool dipendenza (cioè l’esistenza di una malattia) e nell’altro dal divieto di assunzione di alcolici durante il (e prima del) lavoro (cioè il verificarsi di un fatto illecito).

Le mansioni interessate sono solo alcune e tra queste le più frequenti sono quelle che comprendono la guida di automezzi che richiedano patente B o superiore, lavoro ad altezze superiori a due metri, attività nel comparto dell’edilizia.

 

Quali esami complementari possono essere richiesti

Appurato che le mansioni in esame rientrino tra quelle per le quali il Medico Competente deve occuparsi del problema alcool, si apre il problema di quali siano gli esami complementari che legittimamente possono/devono essere fatti.

I possibili approcci sono 3:

Questionari anamnestici mirati (il più famoso è il CAGE Test)

CDT (su prelievo ematico)

Alcolemia su aria espirata

  1. I questionari sono costituiti da una serie di domande alle quali il lavoratore può rispondere in modo più o meno sincero. Il limite di questo approccio è costituito dal fatto che l’alcolista tende a sottostimare ed a nascondere il suo problema di dipendenza, mentendo all’esame

  2. La CTD (transferrina carboidrato carente) è un parametro in rapporto con il consumo medio di alcool. L’utilizzo di tale esame non permette al Medico Competente di distinguere tra una assunzione all’interno o al di fuori dell’orario di lavoro o ad esempio nel week-end e nemmeno l’assunzione acuta di alcool. L’esame è quindi in rapporto con l’abitudine al bere, condizione necessaria nell’alcoldipendenza, ma insufficiente per la diagnosi, che è essenzialmente clinica.

  3. L’alcolemia su aria espirata ci fornisce solo informazioni sull’assunzione di alcool nelle ore precedenti l’esame (in media 5). Serve quindi per la diagnosi di ebbrezza alcoolica e di assunzione recente (abuso alcolico). Nota: solo il Medico Competente può verificare l’alcolemia col test su aria espirata, la norma non permette delega ad altre figure, possibile invece nel caso degli stupefacenti.

 

Quale approccio clinico scegliere?

Possono essere distinte due situazioni:

  • La prima è costituita da un episodio acuto nel quale il medico competente può essere chiamato per verificare una situazione di rischio. In questa situazione la diagnosi può essere anche solo clinica, ma in casi dubbi un dosaggio estemporaneo sull’aria espirata può permettere al medico di verificare il mancato rispetto del divieto di assunzione. In questa circostanza la CDT è inutile ed il questionario è improponibile.

  • La seconda situazione invece è costituita dalla visita periodica: questo tipo di accertamento è sicuramente più complesso perché in questa fattispecie il Medico Competente non deve verificare l’abitudine al consumo di alcool, che è legittimo, ma un eventuale stato di alcoldipendenza. 

Questa diagnosi è certamente difficile e specialistica. Può essere sospettata in presenza di segni clinici di astinenza dopo privazione di alcool. Un buon sistema è quello di eseguire al personale, opportunamente e preventivamente informato, un test alcolimetrico estemporaneo al momento della visita, non già per diagnosi di assunzione acuta, ma per avere la certezza che il paziente non stia inibendo i segni clinici dell’astinenza (flapping tremor etc.) mediante l’assunzione di alcool (è il caso del chirurgo alcolista che beve prima di operare per ridurre il tremore). Questo accorgimento permette al medico un esame clinico in assenza di eventuali effetti mascheranti dell’alcool, solitamente diagnostico.

La CTD (transferrina carboidrato carente) è invece, come detto, un parametro in rapporto con il consumo medio di alcool. L’utilizzo di tale esame non permette al Medico Competente di distinguere tra una legittima assunzione abitudinaria di alcool e una dipendenza. L’esame potrebbe essere quindi considerato un’indebita ingerenza nella sfera privata della vita del lavoratore (rischioso per il Medico Competente che lo chiede e per il Datore di lavoro che lo paga e quindi lo approva)

Di certo un lavoratore sulla sola base di una CDT elevata non può essere dato per non idoneo, potrebbe ad esempio essere un "Bevitore del week-end".

La CDT ha quindi un’indicazione clinica molto specifica, riservata solo a particolari situazioni. Potrebbe ad esempio essere utilizzata per confermare un rilievo anamnestico in un soggetto epatopatico che nega potus.

La liceità del suo uso routinario negli accertamenti periodici è quindi quantomeno dubbia e può comportare seri problemi.

In tutti i casi è opportuna una conferma specialistica.

I SERT sono attrezzati al riguardo: Medici esperti, con strumenti adeguati, possono essere d’aiuto al lavoratore, al Medico Competente ed all’Azienda.